Giallo interessante che si legge in un pomeriggio perchè non vedi l’ora di sapere come va a finire. Scrittura fluida, trama coerente. Lo consiglio!
La trama è intrigante, vicende che apparentemente non hanno nulla in comune e che sembrano episodi di quotidiana criminalità sono in realtà riconducibili ad un unico piano che porta addirittura una multinazionale dell’auto, con tutte le conseguenti implicazioni finanziarie ed economiche, il tutto ulteriormente reso più appassionante dalle vicende familiari. I personaggi sono molto ben caratterizzati, ben descritti anche nei particolari e pare trovarseli di fronte. Ottima anche la descrizione dei contesti ambientali nei quali si svolgono gli eventi. Ottima la proprietà di linguaggio che denota grande cultura da parte dell’autore.
Prima ancora di essere pubblicato, “La lettera di L.A.” si è classificato secondo al concorso Golden Selection 2017, organizzato dalla organizzazione Pegasus Cattolica. Speriamo sia di buon auspicio!!
“La Donna di Cuori” finalista al premio Perseide. Il romanzo è stato molto apprezzato dalla giuria popolare, ossia dai lettori, cosa che mi ha fatto molto piacere!
Bellissimo! La trama avvincente ti tiene incollata al libro fino all’ultima pagina. Molto bella la storia e i personaggi, tra i quali spiccano quelli femminili che hanno un ruolo decisivo. Mi ha colpito molto la profonda conoscenza della storia americana, che è frutto di un attento e lungo studio da parte dell’autore. E ora non ci resta che aspettare il prossimo libro.
PROLOGO
La camera ardente, i fiori, la bara, il carro: un funerale.
Paul Golden era morto e tutti questi piccoli, grandi, maestosi oggetti lo stavano testimoniando. Ma agli occhi delle centinaia di persone che affollavano la sede dell’Azienda quel 07 Maggio 2008 le cose apparivano in modo molto diverso. La camera ardente, illuminata da alcune lampade alogene che la rendevano al tempo stesso triste ed accogliente, sembrava quasi un tempio sacro, come quelli eretti mille anni prima nell’antica Grecia. I fiori, semplicemente bianchi e ordinatamente posati ai lati del feretro, apparivano come sfarzosi brillanti incastonati in una corona regale. La bara, pur completamente liscia senza nessun tipo di intarsio, colpiva l’immaginario degli uomini e delle donne che le passavano accanto come il letto regale della reggia di Versailles. Il carro, una Golden Start ultimo modello color nero metallizzato, testimoniava ancora una volta il legame d’acciaio che la famiglia del defunto aveva avuto fin dai primi anni del novecento con la propria azienda. Non si stava quindi celebrando un semplice funerale, non era ciò che sarebbe rimasto impresso nella mente di migliaia di persone, dai comuni cittadini alle più alte cariche dello Stato ed autorità: ciò che stava andando in onda in quella umida mattina di Detroit era un vero e proprio commiato. Perché non era morto semplicemente Paul Golden: era morto l’Ingegnere.
In un primo momento il vescovo Brown aveva giudicato inopportuno e anche un po’ profano trasformare la sede della Golden Cars in una camera ardente, ma alla fine aveva accettato per consentire ai cittadini accorsi da tutta la contea di Wayne di salutare l’Ingegnere un’ultima volta. Accanto alla bara, uno vicino all’altro come gli anelli di una catena di metallo, vi erano i parenti più stretti di Paul Golden, intenti a stringere mani e ad abbracciare affettuosamente i vari visitatori: la moglie Elisabeth, i figli Steven e Dana, il figlioccio Nathan, i fratelli Thomas e Taylor e la sorella Mary Jane. Tutti quanti indossavano abiti scuri, gli uomini un completo nero con cravatta color antracite e le donne un vestito lungo fino alle caviglie con un velo di pizzo sul volto. Dai loro sguardi traspariva una immensa tristezza e si capiva a vista d’occhio che un nodo strettissimo gli stava attanagliando le viscere. Di tanto in tanto, lungo il viso di Elisabeth e di Dana compariva fugacemente una lacrima. Ma tutti i membri della famiglia, nessuno escluso, manifestavano il loro dolore con la massima compostezza e solennità. Dana teneva in mano un ritratto del padre da lei dipinto all’età di ventuno anni: di certo non un capolavoro artistico, ma Paul Golden l’aveva tenuto sopra il suo letto fino alla morte. Ora quel dipinto era stretto nelle mani della figlia e testimoniava meglio di qualsiasi parola il legame indissolubile che c’era stato tra i due.
Dall’altro lato del lungo tappeto di seta rossa, erano schierati i dirigenti dell’Azienda, quelli che, in modo più o meno diretto, avevano collaborato professionalmente con l’Ingegnere: c’erano probabilmente alcune tra le migliori menti in ambito di gestione aziendale che la scuola americana avesse mai partorito. Anch’essi lasciavano trasparire poche emozioni, il loro atteggiamento era composto, molto simile a quello dei familiari più stretti. Per Paul Golden la sua azienda e la sua famiglia erano state due entità intercambiabili: l’affetto che l’Ingegnere aveva manifestato per la prima non era stato né superiore né inferiore alla seconda. “Quando sovrapposti coincidono perfettamente”: era la definizione che ogni maestra della scuola elementare inculcava ai propri alunni sull’uguaglianza di due poligoni geometrici. L’atteggiamento e la passione dell’Ingegnere per la grande azienda ereditata dal padre e prima ancora dal nonno coincidevano perfettamente con l’amore che aveva sempre nutrito per i propri familiari, i figli in particolare.
Il corteo si fermò un istante, alcuni uomini in abito scuro con occhiali da sole sul viso si stavano facendo largo tra la folla circostante: il Presidente degli Stati Uniti veniva a porgere omaggio alla salma e gli agenti dei Servizi Segreti non lesinavano anche in questa occasione spintoni e spallate per mantenere l’inquilino della Casa Bianca dentro una campana di vetro.
“Le mie condoglianze signora Golden, suo marito è uno di quegli uomini che ha fatto la storia del nostro paese.”
“La ringrazio, Signor Presidente.”
Il Presidente strinse la mano ai vari parenti di Paul Golden e il via vai di persone più o meno importanti riprese immediatamente, alternando i classici pezzi grossi ai comuni cittadini. Si potevano notare indistintamente una dozzina di Senatori, un paio di Giudici della Corte Suprema, i governatori degli stati della Florida, California, Michigan e Pennsylvania e una quantità di deputati, avvocati e analisti finanziari, grande a tal punto da poterci riempire un campo di football. Una buona parte delle persone comuni (alcune delle quali vestite in maniera assurda per l’evento in questione) erano invece dipendenti dell’azienda, gente che aveva lavorato per la Golden Cars per tutta la vita o anche solo per pochi mesi. Una folla di uomini e donne si era messa in coda come se avesse dovuto prendere servizio. Se qualcuno li avesse messi in fila uno accanto l’altro, si sarebbe formata una cintola umana paragonabile al muro di Berlino o alla grande muraglia cinese. “Ho lavorato trenta anni in quell’azienda. Stavo alla catena: prima alla 400S, poi alla Perky e poi all’ultimo modello di utilitaria, la Corporate”, stava raccontando alle tv locali un signore dai capelli e baffetti bianchi, con un orrendo borsello verdognolo a tracolla. Sicuramente in mezzo a questi “signor nessuno” c’era qualche ipocrita che non provava nessuna reale tristezza per la morte di Paul Golden e si era recato al funerale solo per poter incontrare qualche celebrità, ma la stragrande maggioranza delle persone era realmente commossa per ciò che era successo. L’Ingegnere, d’altro canto, aveva sempre partecipato ai family day organizzati nel corso degli anni dall’azienda per i vari dipendenti, distribuendo personalmente hot dog senza la presenza delle guardie del corpo. Negli armadietti di qualche operaio si poteva addirittura trovare la sua foto accanto a quella della moglie, dei figli, o dell’idolo sportivo di turno. E non si trattava di leggende aziendali passate di bocca in bocca, tramandate da reparto a reparto: quelle foto esistevano veramente.
In un angolo leggermente appartato, quasi a voler rimarcare un fisiologico distacco e non essere in alcun modo accusati di ipocrisia, vi erano i principali esponenti dello United Auto Workers, il sindacato automobilistico americano, del Canadian Auto Workes, il sindacato canadese e del National Automotive Dealer Associations, l’associazione dei concessionari. Si trattava di un omaggio per nulla scontato. Tutte le sfide e le battaglie che avevano accomunato questi signori alla Golden Cars e al suo proprietario sembravano essere passate totalmente in secondo piano davanti a quel feretro.
Per quanto la sede dell’azienda fosse imponente e spaziosa, non c’era modo di far sfilare tutti i presenti. Ma d’altra parte era impossibile impedirne l’accesso. La tradizione ovviamente imponeva di stare in compagnia del defunto il tempo necessario. Il vescovo Brown, non a torto, ribatteva però che oltre un certo limite la salma non poteva restare in quelle stanze, anche in presenza di tutta quella folla. Alla fine si sarebbe deciso di esporre il feretro un giorno in più e chiudere le porte solo di notte, da mezzanotte alle sei. L’Ingegnere si era meritato lo straordinario non retribuito.
Il Detroit News aveva dedicato a quest’argomento un titolo a nove colonne e le prime due pagine del giornale, oscurando sia gli avvenimenti di politica estera sia le diatribe interne relative alla imminente campagna presidenziale. Il Washington Herald aveva inserito un editoriale in prima pagina intitolato: “L’America in lutto”, quasi come se fosse morto un ex Presidente. Il Los Angeles Times aveva pubblicato una serie di fotografie di Paul Golden, alcune delle quali inedite, che lo ritraevano durante l’intero arco della sua vita, da quando aveva indossato i calzoni corti fino agli ultimi mesi di quel 2008, quando i segni della vecchiaia iniziavano ad essere impietosamente evidenti sull’affascinante fisionomia del suo viso.
L’Ingegnere era morto improvvisamente per le conseguenze di un’emorragia celebrale due giorni prima, il 05 Maggio: un famoso poeta italiano aveva intitolato con quella data una straordinaria ode dedicata al più importante imperatore francese della storia, ponendo all’interno di essa una domanda senza una possibile risposta immediata: Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza.
Nessuno, neanche il più temerario dei poeti, avrebbe potuto pronunciare quella frase a proposito di Paul Golden: la sua era stata una vita gloriosa, era stata vera gloria. Non ci sarebbe stato bisogno dell’avvento delle nuove generazioni per avere un giudizio definitivo.
L’Ingegnere aveva segnato un’epoca e non solo all’interno del suo paese. L’alternarsi continuo dei politici di primo piano con i meccanici della terza di linea di montaggio ne era una prova inconfutabile.
Terzo posto per “La Donna di Cuori” al premio GialloIndipendente!!!
Daniela
Il romanzo è un thriller psicologico alla Hitchcock e quindi molto coinvolgente. La trama avvincente e lo stile scorrevole tengono il lettore sulla pagina al punto che quando finisce il libro quasi dispiace non poter andare oltre. Inoltre mi viene da dire “finalmente una società buona” dove i colpevoli vengono smascherati. Il lettore trascorre qualche ora veramente piacevole poiché è facile riuscire ad immedesimarsi nei personaggi visto lo spessore psicologico con cui sono delineati. Buona lettura.