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Tematiche La lettera di L.A.

Detroit

Detroit è la città dell’auto, la città in cui hanno sede i tre colossi automobilistici americani. Una città che ha una sola divisa la tuta blu e una sola anima, quella forgiata nell’acciaio. Ma, proprio per il fatto che è totalmente legata ad un’unica realtà industriale e quindi alle sue vicissitudini, è una metropoli con molte problematiche sociali. Detroit possiede infatti il più alto tasso di omicidi e di criminalità di tutti gli Stati Uniti. Girando per le strade si possono trovare le insegne degli studi legali che si offrono di difendere i criminali ventiquattro ore al giorno e i cartelli in cui si propongono ricompense in cambio della cattura dei criminali, proprio come succedeva nel Far West. Nel 2009, dopo la crisi finanziari dovuta alla truffa dei mutui sub che colpì in modo tremendo l’industria automobilistica, la città dichiarò fallimento, la popolazione si dimezzò ed interi quartieri si spopolarono. Queste tematiche sociali, a poco a poco, emergono e diventano protagoniste del romanzo e dei suoi personaggi. Per caratterizzare nel miglior modo possibile l’ambientazione della storia narrata, sono andato personalmente a Detroit nel 2015. Il mio giudizio sulla città dell’auto, sulla Motorcity? Beh, a meno che non ci abbiate ambientato un romanzo, stateci alla larga!

 

  

 

 

Giovanni

La successione

“Una generazione crea l’altra distrugge”: quante volte nel mondo dell’imprenditoria si è sentita questa frase? Centinaia, forse addirittura migliaia e la grande quantità di casistiche che hanno confermato questo concetto, lo hanno reso una legge non scritta delle vicende aziendali. In un passaggio da una generazione ad un’altra si ha infatti una svalorizzazione del patrimonio aziendale, dovuta al fatto che il nuovo erede non ha materialmente costruito l’azienda. E’ una svalorizzazione non solo materiale ma anche e soprattutto emotiva. Solo il 33% delle aziende supera il primo passaggio generazionale. Appena il 15% il secondo. Il terzo diventa un vero e proprio terno all’otto.

Meglio quindi affidare il comando a qualcuno esterno alla famiglia? O meglio mantenere comunque la famiglia in questione al comando dell’azienda? Ma siamo poi sicuri che la famiglia stessa sia così unita, che non ci siano dei vecchi rancori pronti ad emergere all’improvviso? Il concetto Parenti serpenti non è certo un qualcosa di irreale, tutt’altro…anche e soprattutto nella famiglia Golden…

Giovanni

La gestione famigliare di un’azienda

Pur essendo una multinazionale quotata in borsa, la Golden Cars è un’azienda a gestione famigliare: da ormai tre generazione è saldamente nelle mani della famiglia Golden che ne possedeva il 51% delle azioni. Un’azienda famigliare è una realtà economica in cui si fondono gli aspetti affettivi con quelli materiali, una combinazione tutt’altro che semplice da realizzare. Una delle regole non scritte della Golden Cars è la seguente: al comando dell’azienda ci deve sempre essere un Golden. Ma se il Golden di turno non fosse all’altezza di questo compito o fosse mal visto dall’azionariato di riferimento? Beh, potrebbe essere un problema…si potrebbero mettere in moto meccanismi le cui conseguenze potrebbero essere difficili da gestire e da prevedere…

Giovanni

L’industria dell’auto

“L’industria dell’auto è la madre di tutte le industrie”, dichiarò Barack Obama durante gli ultimi mesi del 2008, quando si apprestò a lanciare il piano di salvataggio per evitare il fallimento dei colossi automobilistici americani, un fallimento che avrebbe avuto conseguenze sociali in termini di perdita di posti di lavoro a dir poco catastrofiche. Ed aveva ragione in pieno l’ex Presidente americano, perché l’industria dell’auto rappresenta il fiore occhiello per le economie di ogni paese. Si può immaginare la Germania senza la Volkswagen o il Giappone senza la Toyota? Direi proprio di no. Ed il prestigio che conferisce la guida di una di queste aziende, la Golden Cars nel romanzo in questione, è un qualcosa che va oltre il fatto di ricoprire una poltrona importante ed avere uno stipendio a sei o sette zeri. E’ un prestigio che ha un qualcosa di magico e che per ottenerlo o per difenderlo, una persona può essere disposta a fare cose fuori dall’ordinario…

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Giovanni

La crisi economica del 2008

15 settembre 2008: una data che è rimasta tristemente nella storia, esattamente come il 29 ottobre 1929, il cosiddetto Martedì nero, quando si verificò il crollo della borsa di Wall Street che dette avvio alla Grande Depressione. Quel giorno del 2008, la Lehman Brother, la banca d’affari  fondata nel 1850 da Henry Lehman, un emigrato tedesco di origine ebraica, dichiarò bancarotta annunciando debiti per 613 miliardi di dollari e mandando in fumo i risparmi di migliaia di ignari investitori. Durante le 24 ore successive il Down Jones perse più di 504 punti, il calo più consistente dal 17 Settembre 2001, il primo giorno di scambi dopo l’attentato alle Torri Gemelle. Il fallimento di Lehman Brother non fu, per la verità, l’unica causa della crisi economica nella quale Stati Uniti precipitarono, ma fu il momento in cui divenne chiaro che tale crisi avrebbe raggiunto proporzioni globali in tempi assai rapidi. La Golden Cars perde il suo uomo guida, l’Ingegnere Paul Golden, esattamente in quel periodo…potrebbe esserci periodo peggiore?

E c’è anche un altro aspetto di questa crisi economico-finanziaria che emerge durante il romanzo: durante le settimane successive al fallimento della Lehman Brother, gli analisti finanziari assistettero ad una progressiva ed inesorabile perdita di fiducia dei cittadini americani nel sistema bancario: sembrava quasi di essere ritornati indietro di settanta anni, ai tempi della Grande Depressione, quando le banche venivano considerate a tutti gli effetti degli organi criminali ed i rapinatori che le saccheggiavano degli eroi del popolo. Una rapina in banca veniva quindi considerata come una rivincita dei comuni cittadini nei confronti delle alte sfere finanziarie, che erano viste come entità corrotte e truffaldine. A meno che, ovviamente, la rapina in questione non si trasformi in un massacro…

 

Giovanni
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