Un avvenimento in particolare non è mai stato approfondito dalla critica storica come avrebbe meritato: l’internamento dei giapponesi americani a partire dal 1942.
Quando si pensa al ruolo degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale si tende sempre a rappresentarli come i garanti assoluti della libertà e della tutela dei diritti umani. In parte è così, ma non è tutta la verità. Anche loro si sono macchiati di alcuni atti che non hanno nulla a che fare con il rispetto della dignità dell’essere umano.
I FATTI
Nel 1942, dopo che gli Stati Uniti erano stati deliberatamente attaccati dall’impero del Sol Levante nella base navale di Pearl Harbor, il presidente Roosevelt assecondò il generale risentimento della popolazione contro le persone nipponiche, autorizzando l’internamento in appositi campi di 117.000 individui giapponesi, uomini donne e bambini, di cui due terzi di cittadinanza americana. Se la spiegazione ufficiale era stata la salvaguardia delle strategie di guerra dall’intrusione di eventuali spie, la motivazione reale era l’ostilità preconcetta e generalizzata che era esplosa contro gli odiati “musi gialli”.
Le persone che furono internate non avevano nulla a che fare con le politiche espansionistiche e criminali del Giappone: vivevano in America da vari decenni, alcuni non avevano mai parlato giapponese, avevano sempre mangiato cibo americano e ne avevano sempre condiviso gli ideali. Erano quindi yankee a tutti gli effetti, ad eccezione dei tratti somatici…erano giapponesi americani.
59 ANNI DOPO…
E’ possibile cogliere un paragone tra la reazione degli americani nei confronti dei cittadini statunitensi di origine islamica dopo i fatti dell’11 Settembre ed gli avvenimenti sopra citati?
E’ quello che su cui medita Samuel Tolson nel corso del romanzo e ciò che vede con i suoi occhi nella palestra che frequenta abitualmente lo lascia disgustato.
E dire che lui ha perso la moglie nell’attentato al World Trade Center del 1993, quindi, in teoria, dovrebbe essere doppiamente ostile nei confronti dei musulmani. Ma c’è un particolare: ha la pelle nera, nel corso della sua vita è stato vittima di numerosi atteggiamenti razzisti. Anche se colpito in modo diretto dai comportamenti scellerati legati al fanatismo religioso, non può quindi tollerare le classiche reazioni tendenti a fare di “tutta un’erba un fascio”.