La notte del 17 Giugno 1972 cinque uomini furono arrestati per essere entrati nella sede del Comitato nazionale del partito democratico, all’interno del palazzo Watergate a Washington D.C. Inizialmente sembrò un normale furto con scasso, ma dopo che i cinque individui furono trovati in possesso di microfoni e microspie, fu subito chiaro che c’era qualcosa di più scottante in ballo.
Nessuno però poteva immaginare che quell’evento avrebbe dato inizio al peggiore scandalo della storia americana, uno scandalo che avrebbe portato addirittura alle dimissioni del Presidente in carica, Richard Nixon. Probabilmente neanche i due giornalisti che curarono l’inchiesta, Bob Woodward e Carl Bernstein si aspettavano un tale epilogo.
La risonanza del caso Watergate è andata anche oltre, segnando un vero e proprio punto di svolta nella storia del giornalismo americano. Prima di allora, infatti, la stampa non aveva mai sferrato un attacco così diretto e devastante alla classe politica: al contrario, fin dagli albori, i giornali e la politica erano andati quasi a braccetto, uniti nel comune obiettivo di difendere e far progredire la nazione nata dalla rivoluzione di fine settecento.
Con il Watergate le cose cambiarono: questi due elementi strutturali della vita di ogni società moderna diventarono rivali. E tutto per merito di due giornalisti alle prime armi, due reporter che non si erano mai occupati di casi eclatanti: Bob Woodward e Carl Bernstein . Entrambi divennero subito gli idoli dei giovani aspiranti reporter, le iscrizioni alle scuole di giornalismo aumentarono del venti per cento, mettendo in primo piano l’importanza del cosiddetto Quarto Potere, quello dei mass media.
Il grandioso film di Alan J. Pakula “Tutti gli uomini del Presidente”, interpretato da attori del calibro di Robert Redford e Dustin Hoffman, nel ruolo dei due reporter, Jason Robards, la cui interpretazione del direttore Ben Bradlee gli valse il premio Oscar, e Hal Holbrook nei panni della misteriosa fonte “Gola Profonda”, non fece altro consacrare la popolarità di chi scrisse quei famosi articoli.
Anche Rebecca Clark, protagonista del mio romanzo, considera Woodward e Bernstein degli idoli, due personaggi a cui ispirarsi nella vita professionale. La mattina in cui inizia il corso di giornalismo nella sua città natale di San Diego, ad appena diciannove anni, ha la mente proiettata su di loro e sulla loro inchiesta: “Anch’io un giorno scriverò un articolo di quel livello”, dice davanti allo specchio.
Quel giorno non può ovviamente sapere che sarebbe stata proprio lei la vera protagonista dell’articolo-scandalo.